Tra gli stili di vita che il Covid-19 ha trasformato vi è sicuramente quello legato allo svolgimento della propria attività lavorativa, mediante il cosidetto lavoro agile, meglio conosciuto come smart working, diffusamente applicato nell’ultimo periodo, ma in realtà già disciplinato a livello normativo dalla legge n. 81 del 22.05.2017.
Ben noto ai più, lo smart working costituisce una diversa modalità di esecuzione del rapporto di lavoro (pur sempre regolata da un accordo specifico), svolto in parte presso i locali aziendali, in parte al di fuori di essi, senza una postazione fissa, nè vincoli di orario e/o di luogo di lavoro, grazie all’utilizzo di strumenti tecnologici ed informatici.
Il lavoro agile implica specifici poteri organizzativi, direttivi e di controllo del datore di lavoro.
E’ necessario che l’azienda preveda un’adeguata Policy per l’utilizzo dei mezzi informatici (ad es. mail, telefono, tablet, pc assegnati al dipendente), precisandone i termini di utilizzo anche per fini personali ed indicando le relative regole di condotta. Nella medesima Policy, il datore di lavoro deve inoltre informare il dipendente se, e in quale misura, si riserva di effettuare controlli sugli strumenti dati in dotazione, nonchè chiarire le conseguenze, anche di tipo disciplinare, in caso di mancato rispetto delle previsioni e dei limiti previsti dalla stessa Policy aziendale.
A tale proposito il Garante per la protezione dei dati personali raccomanda l’adozione da parte dei datori di lavoro pubblici e privati di un regolamento interno, definito con il coinvolgimento delle rappresentanze sindacali e nel rispetto delle norme contenute nello Statuto dei lavoratori (Legge 20.05.1970, n. 300), nel GDPR (Regolamento UE n. 2016/679) e nel Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lgs. 30.06.2003, n. 196).
Ciò assume maggior rilevanza se si considera la possibilità del datore di lavoro di controllare a distanza, accedere alla corrispondenza email, scaricare la memoria di massa aziendale o visualizzare la cronologia di internet, al fine chiaramente di proteggere la diffusione di materiale riservato, nonché conservare dati contenenti segreti industriali o, in generale, tutelare il cd. know how aziendale.
Il Garante della Privacy richiede che il trattamento dei dati avvenga sempre nel rispetto dei principi di correttezza, pertinenza e non eccedenza; da qui la necessaria consapevolezza del dipendente circa l’esistenza di tali sistemi di controllo e del loro funzionamento, riportati nella citata Policy aziendale.
Vi è chi ha ipotizzato che le modalità con cui i dipendenti, durante la crisi pandemica, hanno svolto il lavoro agile-smart working, possano poi costituire motivo di contestazione da parte del datore di lavoro per inosservanza degli obblighi di diligenza e fedeltà.